17 agosto - Foligno - Firenze

Proprio in questo momento il braccio di qualcuno sta raggiungendo silenziosamente il mucchio di pantaloni e golf posti sopra le nostre teste e cerca a tastoni tra portafogli, patenti e transistor, l'unico orologio della spedizione, che da una sommaria occhiata sembra che segni le 6.30. Nel frattempo anche gli altri cominciano ad aprire un occhio, ritrovandoci così dopo breve di nuovo svegli.
Qualche altro minuto di dormiveglia, poi tutti fuori stranamente ansiosi di portare a termine anche questa ultima tappa, che ci riporta a casa.
Estratti dalla tenda e sgonfiati o ripiegate come al solito, ma per l'ultima volta, materassini, coperte e sacchi a pelo, riserviamo stamattina una maggiore attenzione alla canadese, che una volta smontata, spolveriamo adesso accuratamente arrotolandola quindi il più decentemente possibile nel suo sacco, pronta per essere restituita in perfette condizioni al noleggiatore Callegari. Un po' meno presentabili risulteranno invece gli otto picchetti di dotazione che sono stati irrimediabilmente arricciati nella testa dagli impietosi colpi di martello infieriti per ben otto giorni. Mah, vorrà dire che gli rifonderemo il danno.
Utilizzati alla spicciolata i servizi e raccolta tutta la nostra roba, verso le 7.15 siamo in grado di partire. Al volante stamattina, come da accordi precedentemente presi, c'è l'Ughino a cui spetta difatti l'intera ultima tappa. Soffermatici intanto un attimo presso il cancello per permettere al Gianni di saldare il conto con i gestori del camping, percorriamo adesso il solito vialetto in direzione di Foligno, giungendo così sulla statale, da cui prendiamo il largo verso Assisi, prima e forse unica tappa di carattere turistico dell'odierno itinerario.
Il tempo semmai si mantiene ottimo. Nel complesso sicché possiamo ritenerci soddisfatti per quanto riguarda l'andamento meteorologico del viaggio, avendo in fondo registrato nell'arco di dieci giorni un solo acquazzone e per altro notturno che quindi poco pregiudicò i fini turistici insiti durante il successivo trasferimento, e quel banco di nebbia trovato subito dopo Siena, piuttosto fitto ma comunque anche lui abbastanza trascurabile, dal momento che in pratica eravamo ancora a casa.
Ecco intanto le prime segnalazioni di Assisi e della successiva deviazione sulla destra, che imbocchiamo adesso fermandoci poco dopo a S. Maria degli Angeli per fare forse l'ultimo rifornimento di benzina. Ne prendiamo venti litri, mentre osserviamo, imponente, proprio lì davanti a noi, la basilica appunto di S. Maria degli Angeli, raggiungibile attraverso quell'ampio e aperto viale.
Ripresa la marcia, ci ritroviamo in breve sulle rampe che portano ad Assisi, che già si presenta sulla fiancata del rilievo su cui è annidato, col suo caratteristico panorama tinto da quel tenue colore marrone roseo dei tetti, delle case e dei palazzi del francescano paesello.
Seguita a dovere la prevista deviazione per entrare nel centro storico, alle 7.30 ecco cominciare a percorrere le prime stradine del paese, accedendo quindi in Piazza S. Chiara dove sistemiamo la macchine dietro la basilica omonima. Considerando infatti la probabile difficoltà a cui andremmo incontro nel dover trovare facili e frequenti parcheggi lungo gli stretti vicoli di cui è costituita la rete stradale urbana di Assisi, decidiamo di visitarla a piedi, tanto più che non ci sembra di aver mai sentito affibbiare a questo centro umbro certe denigranti qualificazioni del tipo di sterminata metropoli o addirittura di indicibilmente vasta megalopoli, che pretenderebbero una più adeguate scelta di mezzi di locomozione.
Con le macchine al collo superiamo sicché la piazza antistante, imboccando ora la successiva stradina a dritto su cui ci soffermiamo di tanto in tanto presso i numerosi negozini di souvenir, che pullulano dappertutto incredibilmente.
Ecco intanto aprirsi davanti a noi la non vasta Piazza del Comune, che presenta da una parte una massiccia rappresentanza degli antichi palazzi medievali con tanto di numerosi stemmi ed effigi varie, mentre dalla parte opposta si erge una chiesa da un prospiciente porticato e dal sacrato accessibile a mezzo di una breve scalinata. In fondo si aprono due stradìne. Imbocchiamo quella di destra che sale ripidamente presentando ancora, oltre a diverse botteghe, alcuni localini turistici che hanno dell'antica taverna, i quali alimentano ancor più la sensazione di trovarci in un paese fuori dal tempo ancora fermo cioè al medioevo, se non fosse magari per le automobili e per le minigonne che ogni tanto ci solleticano. In giro c'è una discreta animazione.
Oooo…, noi dovremmo raggiungere a questo punto la chiesa di San Francesco, vero? C'è il caso però che la direzione intrapresa non sia fra le più esatte. Poco dopo difatti, pieghiamo su una contrada laterale a destra, che ci permette di scendere un po' giù attraverso pure una gradinata e di risbucare grazie anche ad altre stradette su quell'altra deviazione proveniente da Piazza del Comune.
Frattanto considerando l'ora, sarebbe nostra intenzione mettere qualcosa sotto i denti, per cui andiamo subito alla ricerca di una qualche salumeria, anche col secondo scopo magari di raccattare un'altra bottiglia di vino, stavolta di produzione umbra. Risalendo un pochino la stradina su cui ci siamo ritrovati, scoviamo adesso sulla sinistra una pizzicheria dall'interno molto ampio anche se alquanto buio, dove ci facciamo preparare un par di panini dalla donnina che ci riceve in questo momento dal di là di un vecchio bancone in marmo letteralmente sommerso da una miriade di scatolette, tubetti e confezioni affini, che tappezzano del resto pure le quattro pareti dell'ambiente. Domandiamo poi se tengono anche del vino locale, precisando la nostra eventuale preferenza per la confezione in fiasco. Purtroppo però ce n'è soltanto imbottigliato e di fiaschi non ne son rimasti più neppure nel magazzino dove la padrone del negozio manda adesso a dare un'occhiata un giovane garzone, il quale difatti eccolo tornare dopo qualche minuto, ma a mani vuote. Peccato. Pagati i panini, usciamo.
A passo turistico ci addentriamo ancora in viuzze e contrade spesso semideserte, attraverso cui speriamo di poter raggiungere la benedetta chiesa di San Francesco.
Ci fermiamo un pochino intanto per osservare un laboratorio molto artigianale in cui si lavorano terrecotte, poi proseguendo e appena finito il panino, prendiamo in considerazione il primo bar che ci capita, onde completare col mattutino caffè l'appena consumata colazione ed evitare perciò di murare a secco.
Rispettiamo successivamente altre due brevi soste per chiedere ancora del vino, che alla fine ci accontentiamo di prendere in bottiglia, visto che anche qui sembra scongiurato il pericolo di poter prendere fischi per fiaschi, e per dare un'occhiatina all'interno di uno dei tanti negozini di cianfrusaglie, dove però tra statuette, immagini sacre, balestre in miniatura e tutta una completa gamma di qualsivoglìa checchessia, qualcuno colleziona gli ultimi ricordi da portare a casa.
Continuando a camminare nella presunta direzione voluta, ecco che alla fine, superato uno stretto arco dotato di semaforo per la regolazione del pur minimo traffico, ci ritroviamo in una vasta piazza, dove sullo sfondo si erge imponente la famosa basilica. Dopo aver fotografato da lontano l'insieme, ci avviciniamo all'armoniosa costruzione, che prosegue poi sulla destra su un piano superiore, accessibile da questa piazza con quella gradinata laggiù in fondo.
Per il momento prendiamo però in considerazione solo la chiesa inferiore, lasciando però l'Ughino fuori ad aspettarci, non essendo disposto, dice, ad entrare in chiesa con questa tenuta da boy-scout che si ritrova addosso, essendosi messo oggi un ben poco dignitoso paio di bermuda celesti che glì rimangon fin sopra il ginocchio. All'interno, un ampio antrone mette in comunicazione la successiva navata principale che si apre sulla sinistra e in cui si spinge il solo Gianni, che, noncurante della bottiglia di vino mezza scartata che gelosamente stringe in braccio a mo' di ubriaco, scende pure nella cripta sotterranea dove si sta celebrando una funzione, rislemndo …ops!, risalendo però quasi immediatamente attraverso l'altra simmetrica scala ed uscendo quindi di nuovo per ricongiungersi agli altri.
Saliamo a questo punto la gradinata che porta sul piazzale superiore costituito da un bel prato verde. Data una fugace occhiata anche all'interno della chiesa, ci inoltriamo adesso di nuovo per le stradine di Assisi, notando sulla destra a un certo momento una Volkswagen con l'asse delle ruote posteriori irrimediabilmente spaccato, che gli fa assumere un curioso aspetto afflosciato.
Stiamo intanto di nuovo percorrendo la stradina della pizzicheria di dianzi. Nell'ultimo tratto, leggermente in salita, si apre pure l'uscita di sicurezze di un cinema o di un teatro, dove alcuni inservienti stanno facendo pulizia.
Ed ecco finalmente tornare in Piazza del Comune. Dopo la camminate a piedi, ci sentiamo per la verità un po' stanchinì - oh!,poveri cocchi! -, per cui ritenendoci soddisfatti della sommaria escursione compiuta, decidiamo così di archiviare anche Assisi.
Tornati in Piazza S. Chiara e ripreso posto in 124 dopo aver sistemato insieme alle altre le due bottiglie di vino acquistate stamattina in tutto adesso ne avremo una decina di litri -, ripartiamo.
Sono le 9.00 circa e a questo punto ci separano da casa solo 100 chilometri o giù di lì, che rispetto naturalmente alle migliaia già coperte, non ci fanno adesso nemmen pe-pè. Cerchiamo comunque di percorrerli a modo pure questi.
Scendiamo intanto dal monte Subasio, imboccando ora la diramazione di destra, che sempre abbastanza tortuosa ci fa raggiungere in un batter d'occhio o meglio, in men che non si dica oppure se vogliamo, in quattr'e quattr'otto; ci porta dicevamo di lì a poco a Perugia, che superiamo però senza osservare alcuna sosta, per imboccare invece a questo punto la strada per Arezzo.
Ormai, ed è questa una sensazione che già avevamo provato ieri e addirittura da qualcuno fin dal secondo passaggio da Napoli, ci sentiamo di già a casa. Ora comunque più che mai.
Qualcuno intanto propone di cominciare a fare un po' di conti per stabilire con esattezza il Dare e l'Avere dei rispettivi conti correnti reciprocamente intrattenuti. Alberto sicché, che ha segnato su un piccolissimo notes tutte le spese sostenute da ciascuno, prende a far somme e calcoli vari, ricevendo l'assistenza del Gianni per le riprove e gli eventuali controlli.
Ecco intanto avvistare il Lago Trasimeno che ora costeggiamo per qualche chilometro, proseguendo quindi a buona andatura fino ad entrare poco dopo definitivamente in Toscana. Il paesaggio che stiamo attraversando ci interessa intanto molto relativamente forse per il pregiudizio dì trovarsi in una zona più o meno conosciuta o per lo meno facilmente visitabile anche in seguito. Alberto ci insegna ad un certo momento Fiabilandia, cittadina sulla falsa riga di Disneyland, che situata su un rilievo, ci rimane alla nostra destra, mentre successivamente, attraversando un paesino, incontriamo alcune squadre di soldati impegnate nella salutare marcia quotidiana, che stuzzicano ancora la sadica ma benevola punzecchiatina da parte di Alberto e del Gianni ai danni del povero Ughino, prossimo ad intraprendere una simile forzata villeggiatura.
Senza tregua comunque marciamo su Firenze.
Fin da stamattina intanto abbiamo per oggi proclamato di comune accordo la giornata della purificazione, nel tentativo di rientrare nelle nostre famiglie con un comportamento più civile ed educato possibile. Non più parolacce sicché, espressioni del tutto sconvenienti o emissioni di gas non certo edificanti, che son state da quando siam partiti all'ordine del giorno, se non diciamolo pure del mezzo minuto (in media), ma che in fondo son risultate simpatiche componenti senza malizia di un parlare e di un agire finalmente liberi da qualsiasi vincolo di educazione, comprensibilmente impostoci però dall'ambiente in cui solitamente viviamo. Adesso però occorre procedere ad una forzata e radicale rieducazione, onde evitare una volta tornati a casa, di ritrovarsi ad esclamare con la zia commenti non certo da chiostro sulla negra di Positano o espressioni di completa estrazione portuale per far immaginare invece alla sorella di come poteva essere ostinatamente compatto quel maledetto terreno del Camping Isola Verde.
Di tanto in tento però l'elemento lascivo e scurrile sostenuto da una rinforzata abitudine, riaffiora inevitabilmente: ne segue una garbata redarguizione del più attento dei tre, lo stesso che puntualmente nel minuto successivo sparerà un grossolano epiteto o una scollacciata imprecazione.
Raggiunto intanto Arezzo, decidiamo di continuare ancora per la statale invece di utilizzare la vicina autostrada, in quanto ormai siamo quasi arrivati e per di più visti i chilometri ancora da percorrere, è probabile di poter arrivare a Firenze per mezzogiorno, un'ora sicché più che decente, tenuto inoltre conto del fatto che in realtà siamo due giorni in anticipo sul programmato rientro alla base, previsto difatti per dopodomani.
Si tirano intanto le somme sul viaggio che stiamo brillantemente per concludere, trovandoci unanimi nell'esprimere una piena soddisfazione circa il suo andamento sotto tutti i punti di vista: gli imprevisti, i contrattempi, qualche difetto di organizzazione e di realizzazione si sono certamente avuti anche se per la verità tutti in entità piuttosto ridotta, ma in ogni caso ci sembra che il principale obiettivo con cui siamo partiti, vale a dire di divertirsi, sia stato pienamente raggiunto.
In breve eccoci frattanto in vista di Incisa Valdarno. Decidiamo, attraversando la cittadina, di imboccare la strada a sinistra dell'Arno, quella cioè che passa da Bagno a Ripoli, che raggiungiamo ora quando ormai è già passato mezzogiorno.
Ad un certo punto poi ecco, dove la strada compie una veloce discesa, il cupolone del nostro Duomo che domina sullo sfondo la ritrovata Firenze. Ci starebbe una foto quale apoteosi del viaggio, ma non ne facciamo di niente.
Imbocchiamo i lungarni, che percorriamo fino al Ponte alla Vittoria, poi proseguiamo per Via Bronzino e Antonio del Pollaiolo. Ci sentiamo un po' emozionati. Rapida svolta a sinistra in Via dell'Angelo e presentazione di fronte al n. 406 di Via Pisana, dove finalmente alle 12.20 circa torniamo a parcheggiare il glorioso 124 dopo ben 221 ore e 8 minuti.